Compressore Natterer – Bianchi

La descrizione di questo apparato è tratta dal volume: Ganot Adolphe “Trattato elementare di fisica sperimentale ed applicata e di meteorologia” XI edizione – Francesco Pagani Tipografo Editore Milano – 1864, alle pag. 312 e seguenti – presente presso la Biblioteca del MSTM.

A questo apparato Alessandro Cruto si ispira per progettare un compressore atto a raggiungere la pressione di circa 16 atm, secondo lui indispensabile, per eseguire gli esperimenti sulla cristallizzazione del carbonio, come espressamente citato nei suoi appunti:

«………A tal effetto ordinai una pompa di liquefazione dei gas. Quella stessa disegnata nel Trattato di Fisica  Elementare del Ganot parla di liquefazione del protossido di nitrogeno, ma alquanto modificata……»

Nell’apparato di Thilorier il gas acido carbonico si comprime da sè, producendosi in gran copia. Ma siccome non tutti i gas possono essere prodotti in condizioni favorevoli per poterli così liquefare per mezzo della loro propria pressione, così talvolta bisogna ricorrere a pressioni artificiali. In tal maniera Natterer ottenne la liquefazione di parecchi gas comprimendoli in una canua da fucile per mezzo di tromba premente.

La figura 216 rappresenta in prospettiva un apparato di Natterer modificato da Bianchi, costruttore di strumenti di fisica in Parigi; la figura 217 ne dà una sezione in scala maggiore.

Quest’apparato è composto di un serbatoio di ferro lavorato a martello, della capacità di 7 ad 8 decilitri e che può resistere ad una pressione maggiore di 600 atmosfere. Alla parte inferiore di questo serbatoio è unita a vite una piccola tromba premente. Il gambo t del suo stantuffo riceve il moto alternativo da un’asta E, articolata sopra una manovella a gomito, posta in moto per mezzo di un ingranaggio e di una manovella semplice M. Siccome la compressione del gas e lo strofinamento dello stantuffo fanno svolgere gran copia di calore, si cinge il serbatoio A con una vaschetta B piena di ghiaccio. L’acqua proveniente dalla fusione di questo ghiaccio passa per mezzo di una tubatura m in un cilindro cavo di rame, entro il quale trovasi la tromba premente, e di là può uscire per una piccola canna n munita di chiavetta o. Tutto il sistema è fissato sopra un solido sostegno di ghisa PQ.

Gas e lo strofinamento dello stantuffo fanno svolgere gran copia di calore, si cinge il serbatoio A con una vaschetta B piena di ghiaccio. L’acqua proveniente dalla fusione di questo ghiaccio passa per mezzo di una tubatura m in un cilindro cavo di rame, entro il quale trovasi la tromba premente, e di là può uscire per una piccola canna n munita di chiavetta o. Tutto il sistema è fissato sopra un solido sostegno di ghisa PQ.

Il gas che si vuole liquefare è raccolto preventivamente in bisacce impermeabili R, dalle quali passa in un vaso V che contiene cloruro di calcio od altra sostanza essiccante, indi per mezzo di un tubo di gomma elastica H entra nella tromba premente. Quando l’apparato ha servito per qualche tempo, si svita il serbatoio della tromba, senza che per ciò possa sfuggire il gas liquefatto, perché il serbatoio A trovasi chiuso alla sua parte inferiore da una valvola S (fig. 217). Per raccogliere poi il liquido contenuto nel serbatoio, si capovolge quest’ultimo e si toglie un turacciolo a vite r, lasciando così uscire il liquido pel canaletto x.

Il più notabile effetto ottenuto con questo apparato è la liquefazione del protossido di azoto. Questo gas, quando sia liquefatto, si vaporizza lentamente sebbene in vaso aperto, e conserva la temperatura fissa di 88 gradi sotto zero.

Il mercurio, versato in piccola quantità entro questo liquido, si solidifica subitamente. Altrettanto accade dell’acqua versata a gocce; ma quando si versi in maggior copia il calorico che essa cede nel gelare, essendo molto più abbondante del calorico latente di fusione del mercurio (345), può bastare per produrre la detuonazione del protossido di azoto. Il protossido di azoto, essendo facilmente decomposto per mezzo del calore, possiede la proprietà di alimentare la combustione quasi allo stesso grado che l’ossigeno, e conserva anche allo stato liquido una tale proprietà, a malgrado della sua bassa temperatura. Perciò, gettato in questo liquido un pezzo di carbone acceso, abbrucia con vivissima luce.